Il promontorio della paura

Eccomi in un paesino vicino Girona, con un castello in cima a una collinetta, o che forse si classifica come “montarozzo”, perché non degrada gentilmente. Ci si può comunque salire, ed è ovviamente una delle cose da fare. Sopra, si sale anche dentro al castello, che però conserva solo le mura.

Al ritorno siamo anche stati avvicinati da un cane, che un signore aveva legato quando ci ha incrociato, ma dopo averlo slegato il cane si è ricordato di noi e delle nostre scariche di adrenalina, e ci ha seguiti. Quindi nuove scariche di adrenalina. Il padrone lo chiamava da lontano cercando di raggiungerlo, ma il cane avrebbe avuto tutto il tempo di sbranarci e bersi anche un amaro. In realtà si intuiva che non fosse ringhioso, però era un pit bull (questa inciso sarebbe ripreso da un proprietario di pit bull nei commenti, se questo blog avesse i commenti), e in quei momenti credi fermamente negli stereotipi.

Cosa fare in questi casi? Cercare di calmarlo o di cacciarlo? Essere aggressivi a propria volta? Non si è mai capito. Alla fine non abbiamo fatto quasi niente, rimanendo più o meno fermi, o provando io un po’ a distrarlo perché ce l’aveva in particolare con la borsa della mia amica.

La cosa in realtà da fare, capìta troppo tardi, era andare da subito verso il padrone, per ridurre il tempo soli con il cane. Uno pensa sempre di fare lo sgambetto a un rapinatore, o disarmarlo, ma in quei momenti rimani un po’ senza lucidità, e dopo te ne rammarichi anche un po’.

Forse è stata la situazione più tecnicamente paurosa legata a un mio viaggio. Sì, non mi vado a cacciare in particolari avventure.

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