bookmark_borderPrivacy fisica

Tutti pensano alla privacy come concetto astratto, di dati utilizzabili da non si sa bene chi, ma nessuno pensa alla privacy fisica, violabile dalla facilità di leggere cose nel telefono di chi ci è accanto sull’autobus (o davanti e di fianco, negli autobus extraurbani). Tanto più che ogni volta che si spinge un pulsante in quelle maledette tastiere, la lettera, il numero o il simbolo corrispondenti diventano per un attimo giganti.

bookmark_borderPescaraland

Ho capito perché mi piace stare a Pescara. Si entra da una stazione in cui si passa sotto, da lì parte una strada pedonale dritta con due strade laterali piene di negozi, servizi e ristoranti, che arriva in una piazza centrale. Sul castello ci stiamo lavorando, ma da lì d’estate parte almeno un mondo fantastico dove stare la maggior parte del tempo. Poi la sicurezza funziona, la pulizia pure, e la gente che ci lavora è gentile.

bookmark_borderBarceloneta

Mi piace andare a visitare le spiagge dei posti che le hanno, per fare il confronto con il sistema migliore mondiale di spiaggia, che è Pescara, dove d’estate potrebbero esserci più turisti che a Parigi, Londra e appunto Barcellona messe insieme, ma la gente non vuole, e allora non se ne fa niente.

Barceloneta è l’idea che ha un’inglese di una spiaggia: un posto per prendere il sole, senza un’idea diffusa di ombrelloni da affittare, quasi senza strutture di nessun tipo. E soprattutto senza campi da beach volley, complice anche una sabbia che non è granché, e che si ha l’idea sia stata mangiata un bel po’ per quella mania che hanno loro di fare passeggiate pedonali. Al limite, è carino il fatto che la spiaggia è in un’ideale linea di continuità con il marciapiede, senza muretti.

Non siamo dei labrador, e se alle spalle c’è una città che avanza, possiamo tranquillamente accettare che il mare sia un fatto sociale, o al limite sportivo, e ragionare in tal senso. Ma il tentativo di cosa ipoteticamente naturale con i palazzi di cento piani accanto, e un tappeto di inglesi rotolati giù dalla rambla – qualcuno anche con addosso un costume – resta una forzatura.

Se poi uno vuole stare da solo a prendere il sole o leggere libri all’aperto contento lui, può andare da qualche parte con il treno (quelli funzionano eccome) e si cerchi uno dei numerosi posti del genere.

bookmark_borderUn film solo di case

La vera conoscenza del mondo è nelle case. Se solo fosse possibile entrare in tutte le case, si imparerebbero molte cose. Sono finito in una casa strana, in un posto abbastanza sperduto in Spagna. Uno poi pensa all’architettura, che a volta fa la sua parte (qui era come la casa del film Volver), ma anche quello che si fa della casa è importante: gli oggetti all’interno, eventuali stanze o aree date in affitto e a chi, come è divisa e quali parti vengono usate e come.

In questo caso siamo vicino al mare, e c’era quasi un’idea di tematizzazione marina (e io sono sensibile alle tematizzazioni, e ad eventuali idee che ci sono dietro), con reti, conchiglie e barchette che sbucavano da varie parti. Alcune porte erano una tavoletta di legno vecchio, e si chiudevano solo incastrando un peso (una boa) con un filo a un pomello esterno. Il bagno con la doccia aveva il pavimento fatto di pietre, come se fosse una doccia direttamente al mare. C’erano poi anche vari piani, che non guasta mai, uniti da scale un po’ leggerine ma attaccate a una struttura di legno dal profilo irregolare.

Poi terrazzi di vario tipo, sedie comode, ampie vetrate e una cucina moderna e funzionale, che pure non guasta. Perché sembra poi che se si va sull’esotico rustico ci stia quasi male qualcosa di costruito in questo secolo. Invece no.

Se anche lì arriva a esserci una casa così, chissà quante ce ne sono in tutto il mondo.

bookmark_borderCose nuove imparate in Spagna

Girona non è solo un aeroporto, ma un posto vero. Ora devo assolutamente andare a controllare se anche Orte è così.

Le spiagge in Spagna tendono a non sposare il modello di Rimini, o di Pescara, cioè di urbanizzazione estrema fatta da ombrelloni più o meno grandi. La spiaggia è di tutti, e di principio sembra non esistano concessioni, salvo dei bar e delle blande attività di noleggio di lettini. Questo almeno è quello che mi hanno detto.

La spiaggia l’ho vista di notte, e l’altra cosa che ho imparato è che dati due gruppi di persone che hanno in programma di stare in spiaggia, se la spiaggia è vuota e date certe circostanze sui movimenti di avvicinamento di un gruppo all’altro, i due gruppi tendono a interagire e socializzare tra loro. Nello specifico c’erano dei sub belgi, saranno stati una trentina di tutte le età (forse metà dei sub del Belgio). Molto organizzati, avevano anche un banchetto con la musica, e siamo stati di fatto chiamati a stare con loro. Chi ha più attrezzature probabilmente tende ad accogliere chi va lì con due birrette e senza programmi. Ma il principio è che i gruppi devono in qualche modo interagire con loro.

Gli spagnoli tendono a tirare la serata fino alla fine di qualsiasi ragionevole durata della serata stessa. Dopo i sub belgi poteva finire lì, e invece si va ancora in cerca di bar, continuando a parlare ad alta voce non si sa con quale energia. È bello stare con gli amici, uno parlerebbe quasi all’infinito, ma ci vuole un momento di razionalità per dire basta. Questo è quell’aspetto dello spagnolo come popolo bambino, diciamo però con i pregi ingenui del bambino.

Ho poi visto un posto di blocco spagnolo dal lato passeggero di una macchina. Bello, con tante lucine per terra e altri poliziotti collaterali con bacchette luminose che ti indicavano dove fermarti. Il poliziotto dice delle cose procedurali come a volte agli spagnolo piace fare gli anglosassoni, fa scartare a te il tubicino e fa soffiare. Solo che la persona che guidava era sotto i limiti, quindi purtroppo non ho visto il resto della procedura di eventuali multe e ritiri della patente.