bookmark_borderAttività ripetitive ricorrenti

Tutti dovrebbero avere delle attività ripetitive ricorrenti, almeno in Rete, da fare come distrazione veloce nelle pause tra un’attività e l’altra.

Una interessante è controllare le code di Disneyland Paris, in diretta. Un’altra è controllare i risultati del World Tour, quando giocano. Una più recente è giocherellare con il Cerca Percorso di Muoversiaroma (un ossimoro), che si è molto evoluto negli ultimi tempi unendosi alle Mappe di Google.

bookmark_borderCoi suoi orchestrali

A Bologna, dove in qualsiasi viaggio è impossibile non passare, credo ci sia una specifica ordinanza comunale che obblighi le persone sotto i 40 anni a stare in strada dalle 21 alle 3 del mattino e a urlare a intervalli regolari che non superino i 30 minuti. Chi torna a casa a dormire viene multato, le sanzioni sono raddoppiate il venerdì e il sabato, e tutti i giorni dal 15 giugno al 15 settembre. Tornare prima a casa è ammesso, ma solo in gruppi che superano le 4 unità, e con la presenza di almeno il 50% più uno di persone esterne alla casa. Anche in casa si deve urlare.

Mi sfugge, ma con molta umiltà, il senso di Bologna sotterranea, la stazione. 3 piani sottoterra per due binari e recuperare qualche minuto, tempo che viene quasi del tutto perso per andare nella stazione vera, o a prendere un altro treno. Mi voglio comunque sempre fidare e ci saranno delle ragione per fare in questo modo, però in generale – sarà che è tutto non finito – non è esteticamente granché quel passare in cunicoli ora stretti ora larghi, ora attorno a un muro, poi una scala, poi infine una hall, senza un’idea di vero ingresso o di identità architettonica del tutto.

Poi bisogna fare in modo di risolvere il problema dei segnali sulle scale mobili, cosa più generale. Uno la prende in discesa e vede un enorme divieto di accesso in fondo alla scala (per quelli che volessero salirla al contrario), e per un attimo pensa di aver sbagliato, alterando il flusso dei suoi pensieri. Sta andando verso un divieto di accesso, che è una cosa che non si fa, e psicologicamente ti sei giocato un inutile messaggio negativo, quando i segnali al negativo andrebbero messi solo se strettamente necessari, optando maggiormente per quelli positivi.

bookmark_borderDocumentare

A Internazionale a Ferrara vado a vedere praticamente solo i documentari, non so bene perché, forse perché li considero un prodotto finito, riuscito (quasi sempre), mentre per le conferenze tendo a pensare al teorema delle conferenze, quello per cui se a uno interessa un argomento non ha certo bisogno di sentire una ulteriore conferenza su cose che già sa (le persone tendono a dire sempre le stesse cose), mentre se a uno non interessa, non ci va e basta. Più o meno è sempre così, salvo alcune zone intermedie per cui può effettivamente avere senso andare a una conferenza.

E le conferenze si identificano anche un po’ con quelli fatti a forma di persone che vanno alla conferenze (che già di per sé sono una buona parte della motivazione per non andare alla conferenze. Anche quelli che vanno ai documentari sono un po’ così, ma lì è più buio). Li vedi già sul treno, giovani di belle speranze e alla moda nel non essere alla moda che dicono la parola “progetto” almeno due volte al giorno, e che ci credono – ancora – nonostante il 90% delle conferenze, dietro a quei “Come cambia il ruolo di”, abbia come sottotesto implicito “Il giornalismo è finito. Basta. Si chiude”.

Non è poi raro sentire qualcuno, soprattutto signore un po’ attempate che vogliono essere rassicurate sentendosi raccontare cose che pensano già, dire “vado a sentire [che dice] [nome del relatore/la nome della relatrice]”. Se il giornalismo è un momento di potere (e l’imprenditoria è un luogo di potere), il potere deve essere sempre identificato con qualche persona fisica.

In un mercato in cui pochi ce la fanno, quei pochi diventano superstar, e i molti che concorrono diventano più aggressivi, come un cinquantenne in un locale di salsa, con quella sottotraccia antipatica in cui ognuno si sente più intelligente dell’altro. Qui poi la posta in gioco è altissima, essendo Internazionale un luogo di lavoro quasi mistico (molti però forse non sanno che si trova in uno degli incroci più trafficati di Roma, e quindi del mondo).

Per il resto, mi piace notare cose collaterali organizzative, anche per vedere come cambiano negli anni (poco, pochissimo, perché se ritieni di avere un pubblico intelligente, devi far vedere che non cambi mai). È divertente notare i punti di contatto tra il voler fare cose non all’italiana, ma poi scontrarsi con la loro applicazione pratica fatta da italiani, seppure da italiani che in quel contesto cercano di fare le cose non all’italiana (giusto un esempio, l’irresistibile aggiunta di foglietti estemporanei per variazioni o cose varie). A volte penso al festival come un parco divertimenti, fatto solo di spettacoli, e di fronte a una fila penso che potrebbero far uscire, che so, Gad Lerner per intrattenere gli ospiti in coda.

Infine bisogna sempre dire che Ferrara è una città bellissima, e spesso sottovalutata. Lo avevo dimenticato prima.

bookmark_borderAlbum fotografico minimo

Un graffito a Girona.

Cosa si vedeva dalla cima del castello.

Come sarà il nuovo Forum Les Halles.

Poster del film Diana vicino ai tunnel sulla Senna.

Gente colorata secondo squadre che faceva una specie di battaglia tirandosi cose colorate (forse un rito universitario di inizio anno).

La Maison della RATP, c’è qualche mezzo antico ma non è proprio un museo.

Bercy, il parco.

Gente vestita in maniera notevolmente bizzarra che sta per entrare nel palasport di Bercy, non ho idea a far cosa.

Ratatouille, lavori.

Le orecchie che si illuminano sincronizzate con Disney Dreams. Le aveva l’1% degli spettatori.

Beach volley a Parigi. Si può fare.

Gli affari dei bopagli.