bookmark_borderAccenti

Noi pensiamo che i francesi accentino l’ultima sillaba, ma loro no, pensano di non mettere accenti sulle parole, di dirle così come sono. In effetti, se ci pensiamo bene non mettere accenti sulle sillabe equivale a metterli su tutte, e a noi ci suona più strano e inusuale quello sull’ultima.

Quello che però appare strano e inusuale a loro è il nostro accento, sulla penultima o terzultima che sia. Prendiamo una parola a caso, ad esempio “mandolino”. A loro sembra che noi diciamo “mandoliiino”, ma a me non sembra in nessun modo di allungare la “i”, solo di metterci un accento.

Eppure, se senti un francese provare a dire “mandolino” come lo diciamo noi, allungherà molto la “i”, ma forse è solo il suo tentativo di riprodurre l’accento spostato, così come probabilmente noi suoneremo strani ed esagerati sull’ultima sillaba, nel cercare di riprodurre il francese così come pensiamo che sia.

bookmark_borderAvremo sempre Parigi

Ormai ogni volta che vado a Parigi devo passare per forza per il cantiere di Les Halles. Un po’ perché non c’è niente di più bello di vedere un cantiere che va avanti, un po’ perché rimarca la distanza che c’è tra noi e loro.

Mi ritrovo anche a scrutare le persone che vanno in giro per Parigi, eventualmente con un cappello in testa, e a pensare alle vite che devono fare. Non tanto a quelli arrivati lì di forza, per cercare fortuna partendo da niente, ma a quelli che ci sono andati a vivere con tutti i crismi, cioè con una struttura organizzativa che gli permettesse di sopportare da subito le spese. (pensavo che comprare una casa fosse meno caro vicino alla metro Barbès Rochechouart, perché nessuno vuole vivere in un posto difficile da dire, ma costa tanto anche lì)

E poi, c’è un certo parco. Ci sono andato ovviamente, anche se curiosamente da guest mi ci annoio un po’: molto più divertente lavorarci, o fare delle mini-visite mirate dopo aver finito. 11 ore lì forse sono troppe anche per me.

Tornando ai cantieri, fateci caso: quando uno guarda un cantiere non vede mai un momento decisivo dei lavori, ma sempre un qualcosa di ultra-collaterale. Poi ci sarà anche un momento in cui issano quell’arco, ma quasi sempre si vede gente occuparsi di cose invisibili, o semplicemente camminare portando un foglio, o anche niente. Probabilmente c’è un modo in cui si potrebbe organizzare un cantiere nei minimi dettagli, facendo fare sempre qualcosa a qualcuno, e lavorando un quarto del tempo. Oppure già è così, e semplicemente in certi momenti non si deve fare niente.

bookmark_borderDolce far qualcosa

Quando vado a Barcellona finisco sempre per dare una mano nella pasticceria che ha aperto un mio amico, e comprare altre cose per mia sorella, quindi non c’è molto da dire, ma va bene così. Anzi, a trovare il mio amico ci vado praticamente apposta.

Barcellona è come una città dovrebbero essere le città. Grande il giusto, con i trasporti che funzionano, sul mare. A chi salterebbe mai in mente di costruire una città non sul mare? Al limite, l’unico problema è la presenza delle salite.

bookmark_borderBandiere

L’indipendenza catalana è un mito tenuto in piedi dai venditori di bandiere, qui un vero business. Ogni palazzo ne ha almeno tre, più varie composizioni di striscioni sui balconi più lunghi.

È molto sentita l’identità nazionale, si dice, ma in un mondo che va sempre più verso l’abbattimento dei confini, e un governo europeo e poi mondiale (sotto l’egida di Facebook), dove uno avrebbe gli stessi amici in sostanza. Perché uno dovrebbe sentire questa “identità” in un posto che è la prova che tutto è graduale, al massimo intervallato da qualche confine naturale poi amplificato in confine sociale: la lingua, il principale veicolo culturale, è infatti a metà strada tra lo spagnolo e il francese.

bookmark_borderIl promontorio della paura

Eccomi in un paesino vicino Girona, con un castello in cima a una collinetta, o che forse si classifica come “montarozzo”, perché non degrada gentilmente. Ci si può comunque salire, ed è ovviamente una delle cose da fare. Sopra, si sale anche dentro al castello, che però conserva solo le mura.

Al ritorno siamo anche stati avvicinati da un cane, che un signore aveva legato quando ci ha incrociato, ma dopo averlo slegato il cane si è ricordato di noi e delle nostre scariche di adrenalina, e ci ha seguiti. Quindi nuove scariche di adrenalina. Il padrone lo chiamava da lontano cercando di raggiungerlo, ma il cane avrebbe avuto tutto il tempo di sbranarci e bersi anche un amaro. In realtà si intuiva che non fosse ringhioso, però era un pit bull (questa inciso sarebbe ripreso da un proprietario di pit bull nei commenti, se questo blog avesse i commenti), e in quei momenti credi fermamente negli stereotipi.

Cosa fare in questi casi? Cercare di calmarlo o di cacciarlo? Essere aggressivi a propria volta? Non si è mai capito. Alla fine non abbiamo fatto quasi niente, rimanendo più o meno fermi, o provando io un po’ a distrarlo perché ce l’aveva in particolare con la borsa della mia amica.

La cosa in realtà da fare, capìta troppo tardi, era andare da subito verso il padrone, per ridurre il tempo soli con il cane. Uno pensa sempre di fare lo sgambetto a un rapinatore, o disarmarlo, ma in quei momenti rimani un po’ senza lucidità, e dopo te ne rammarichi anche un po’.

Forse è stata la situazione più tecnicamente paurosa legata a un mio viaggio. Sì, non mi vado a cacciare in particolari avventure.

bookmark_borderGirino

Eccomi di nuovo in giro per Girona, ma per pochissimo tempo, complice un autobus da prendere e uno zaino un po’ pesante. In realtà mai nessuno passa molto tempo a Girona, tutti transitano da qui perché ci arriva la-Ryanair e poi se ne vanno, forse anche i suoi abitanti. Meriterebbe però più attenzione.

Tra le cose che non diventeranno mai turistiche ho quindi giusto scoperto un palazzo con dei bassorilievi sulle colonne tra una porta/vetrina e l’altra, ma pur sempre un palazzone. Il bello è che alcuni di questi bassorilievi hanno temi moderni, e il contrasto tra una forma espressiva antica e il suo messaggio moderno è sempre interessante. Perché? Non lo so.

Non ho poi mai capito se si debba chiamare Girona, con la “G” forte, o con quel budino alla crema impronunciabile di “g” che dicono qui. Oppure c’è anche la versione “Gerona”, con anche qui la questione delle “g”. Sicuramente è una di quelle cose che in un modo è spagnolo, nell’altro catalano. Secondo me i catalani si sono presi la “g” forte, e anche tutta la versione Girona, mentre Gerona è il vecchio nome spagnolo. Temo di chiederlo per non sentirmi raccontate qualche banale racconto storico di quelli che “poi sono arrivati gli arabi”.

bookmark_borderCose che è bello fare con me

Ognuno dovrebbe fare una lista del genere, anche se a volte è difficile trovare un equilibrio tra cose più generali e più specifiche. Vado:

1. Andare a Disneyland Paris
2. Guardare una partita di beach volley
3. Guardare una partita di basket
4. Camminare per Pescara (se non sei di Pescara)
5. Camminare per Roma (se non sei di Roma)
6. Andare in un parco divertimenti
7. Guardare i tre Matrix
8. Andare in Spagna
9. Guardare la cerimonia di apertura delle Olimpiadi