bookmark_borderIl costo delle cose

A parte le cose che costano un tot al mese, uno non pensa mai al costo al mese delle cose che paga una sola volta. Se ad esempio uno compra un cellulare da 600 euro, e lo tiene la vita media di un cellulare, diciamo 5 anni, gli costa 120 euro all’anno, quindi 10 euro al mese. Lo stesso per un computer da 360 euro per 3 anni. Un’auto da 18.000 euro che uno tiene 10 anni costa 150 euro al mese (se, per inciso, qualcuno stesse cercando altri motivi per non comprare un’auto). E così via per molte altre cose.

bookmark_borderE anche tanta gente comune

Da qualsiasi parte guardi la classifica di TIME dei 100 personaggi più influenti dell’anno, non la afferro: tennisti più influenti di presidenti degli Stati Uniti, attori più di industriali, davvero non si capisce, se non in quella personalizzazione di tutto, nel riconoscimento del personaggio in quanto tale, cosa che avviene anche nell’anti-livello di chi crede di star fuori da queste cose (cfr. l’iPhone e tutta l’iconografia su Steve Jobs). C’è nella politica e lo sapevamo bene, ma anche in tutto il resto.

Quando però tutte le personalizzazioni settoriali si mischiano tra loro per il calderone-classificone finale, significa che non è più una convenzione apparentemente necessaria per quell’esigenza di dare un volto ad alcune cose, in quell’ambito, ma vive legittimamente di vita propria.

bookmark_borderFestival

Notevole raccolta di infografiche del New York Times in questo post di Matthew Ericson. Non so se ne abbiano parlato al Festival del Giornalismo di Perugia, ma l’impressione è che in Italia si sia ancora troppo occupati a ragionare sui massimi sistemi. Ma più che altro, su mega-questioni iniziali ed esistenziali che distolgono un po’ l’attenzione dalle cose pratiche.

bookmark_borderLa Comune in Comune

Nell’Hôtel del Ville c’è una mostra per i 140 anni della Comune di Parigi, più tutta una serie di eventi correlati. Già sul sito si può vedere un bel po’ di materiale. Non so se in generale abbia senso andare in un posto per una mostra (c’è pure gente che va nei posti per un concerto, per dire), ma per chi ha già in programma di andare lì può essere interessante.

bookmark_borderCosa fare a Disneyland Paris

Non riesco a non farmi prendere dagli aspetti organizzativi legati a Disneyland, per cui ogni volta sul treno del ritorno mi metto a ipotizzare strategie e tabelle per riuscire a fare tutto. Questa è una un po’ banale legata a 1 giorno/1 parco (ma il secondo parco è consigliatissimo) e su un giorno di non grandissimo affollamento, con l’idea di fare tutte le attrazioni migliori senza particolari corse (e file). Magari ne seguiranno altre più strutturate per le altre possibilità (tipo 1 giorno/2 parchi):

10,00 – ingresso
10,00-10,30 – Main Street (anche Arcade laterali)
10,45 – Big Thunder Mountain (prendere FastPass)
10,50-11,10 – Phantom Manor
11,15-11,25 –  Big Thunder Mountain
11,30 – Indiana Jones (prendere FastPass)
11,35-12,10 – Pirati dei Caraibi
12,15 – Peter Pan (prendere FastPass)
12,25-12,45 – Indiana Jones
12,45-13,30 – giri per Adventureland
13,30-14,00 – pranzo (uno del gruppo va a prendere i FastPass per Space Mountain)
14,00-14,15 – riposo
14,15-14,30 – Peter Pan
14,30-15,30 – giri per Fantasyland (Biancaneve, Labirinto di Alice)
15,30 – Buzz Lightyear (prendere FastPass)
15,35-15,55 – Space Mountain
16,00-16,20 –  Buzz Lightyear
16,20-17,00 – giri per Discoveryland
17,00-17,15 – parata
17,20-17,40 – Star Tour
17,35-18,30 – giri vari e cose mancanti
18,30-19,00 – cena (Café Hyperion)
19,05-19,20 – “it’s a small world”
19,20-20,00 – giri vari e cose mancanti

Chiaramente tutto è subordinato alla circostanza eccezionale che tutti i FastPass (il successivo si può prendere solo quando inizia il precedente) diano come orario di ritorno l’orario che vogliamo noi, il che è improbabile. In ogni caso, se salta qualcosa non bisogna farsi prendere dal panico, perché a fine giornata, quando i mocciosetti se ne saranno andati, è possibile fare o ri-fare tutto praticamente senza file.

bookmark_borderMiti alimentari

Una delle cose più difficili da spiegare al famoso marziano che dovesse venire a trovarci è quella dei miti alimentari. Un motivo di aggregazione come un altro, ogni città ha i suoi ovviamente. Nascono non si sa bene quando e come, forse per aggregazioni iniziali che poi si auto-alimentano (tipo Facebook), e poi sono duri a morire.

Non sono aggiornatissimo, ma a Roma ce ne sono sicuramente un paio a livello cittadino, e altri che però definirei para-alimentari perché legati più al posto che a ciò che ci si mangia. Curioso poi che qui in generale il mangiare bene non è che sia esattamente una priorità, e il nutrirsi è un concetto più alimentare che sociale (ed è un bene che sia così). Ed è anche curioso che di molti miti alimentari ci si serva di notte, quando invece ci si aspetta che un mito alimentare, in quanto mito, sia anche qualcosa di sano dal punto di vista degli orari.

Il primo è probabilmente più evanescente perché riguarda i gelati, terreno in cui c’è una forte concorrenza. Qui entrano sicuramente molto in gioco i quartieri, però a livello cittadino dovrebbe essere Fassi a detenere il titolo di mito alimentare. L’altro riguarda il tiramisù (?), che pare da un certo Pompi sia la fine del mondo.

Ora, posso capire se uno dice questo o quel ristorante, che nell’ottica di una cena completa e lunga può essere migliore di un altro, anche se poi quelli migliori hanno sempre prezzi al di fuori di qualsiasi logica legata al temporaneità dell’atto di mangiare. Comunque, quanto potrà essere diverso un gelato o un tiramisù da un altro? Anche solo per la grandezza, è già finito prima che te ne renda conto. Sarò grossolano ma non si capisce, come quelli che riconoscono le acque diverse o distinguono la Coca-Cola dalla Pepsi.