bookmark_borderCose che succedono qui

Il vero momento finale di questo contratto è stato l’arrivo di un gruppo di 800 (!) ragazzini messicani di un corso di lingue, tutti insieme nel pomeriggio dell’ultimo giorno. Nella visione lineare della vita che hanno i sudamericani, dovevano tutti comprare qualcosa appena arrivati, e tutti con 50 euro. Non c’erano più monete in circolazione nel raggio di 3 chilometri, ma alla fine inventandoci metodi creativi per calcolare resti, facendoli pagare insieme, facendo qualche minuscolo sconto o al contrario facendoli pagare di più non dando il resto, o ancora facendoli pagare con le carte di credito (che per inciso mi sembravano tutte uguali, forse qualche banca ha il monopolio sulle “carte giovani” in Messico) alla fine ce l’ho fatta, ed è stato un bel finale. Ho anche non venduto una birra a un tipo palesemente minorenne (aspettavo da tempo quel momento), applicando la legge (e comunque non avevo il resto).

Un altro bel momento finale, ed è una di quelle cose che succedono solo qui, è stato quando una famiglia gallese ha fatto la sorpresa alla figlia di essere a Disneyland, che è una cosa che si fa molto nel mondo anglosassone. La figlia pensava di andare chissà dove, e nel negozio dell’hotel le hanno detto “guarda dove siamo, domani andiamo a Disneyland!” (beh, forse potevano anche aspettare il giorno dopo). Allora io, che in quel momento ero davvero ambasciatore del parco e garante della sorpresa, le ho regalato una mappa, e ancora mi chiedo come sia riuscito a non piangere.

bookmark_borderQualche foto

Doveva essere la volta del Technicolor, e invece sono riuscito a fare solo qualche video ai coniglietti in campagna tornando a casa dal locale di salsa con i nomi sui bicchieri, ma per tempo e risorse scarse del computer non sono riuscito a montarlo. Comunque, le foto ci sono.

Cose costose
Personaggi in un punto misterioso di Adventureland
Parigi è quasi fatta, Ratatouille aprirà il 10 luglio

 

Ratatouille, apertura il 10 luglio
Ratatouille, apertura il 10 luglio

 

Quadri (costosi)

 

La vita qui
Barbiere funzionante in Main Street

 

Pirati dei Caraibi (bisogna sempre ricordare che è l'attrazione ad aver ispirato il film)

 

Le bandiere americane di Main Street hanno 48 stelle

 

Il negozio dei fratelli Wright, chiuso per "test di volo"

 

L'ingresso, in periodo floreale

bookmark_borderCose nuove imparate in francese

O più che altro forse in questo caso dovrebbero essere in inglese, visto che negli hotel c’è tutto un giro anglofono di inglesi, irlandesi, olandesi e tedeschi che fanno la cosa strategica di prendere questi hotel forse meno cari ma collegati comunque al parco da navette.

Sul lavoro, come sempre ogni posto ha il suo sotto-vocabolario differente. Questa volta mi sembra si usino di meno i “tac” e gli “hop” di agilità, anche perché c’è meno da fare cose di agilità visto il poco movimento, e a pensarci bene si è anche quasi sempre da soli, e le cose di agilità si dicono quando la fai a un altro.

Anche en fait e par contre, le cui sfumature e differenze sono sempre abbastanza enigmatiche, mi sembrano un po’ in calo, ma va molto il du cou, immaginando che si scriva così perché non lo trovo in rete in nessuna maniera, neanche simile. Comunque, dovrebbe essere una specie di “quindi”, e qui si usa molto perché nei momenti in cui ci ritrova ci si racconta quello che è successo, più che dire a uno “par contre devi fare così”, anche perché non c’è nessuno a cui dirlo.

Cose più sparse sono che i pannolini o le salviette per i bambini si chiamano lingettes, i preservativi preservatifs (ma nessuno ne ha mai chiesti, né al negozio né altrove), i fogli da colorare con i personaggi disegnati si chiamano coloriage. Di questi ne possiamo regalare quanti ne vogliamo, più che altro per passare il tempo, e il mio motto è che ogni bambino deve avere un coloriage.

Poi ci sono doudou e chouchou, che sicuramente non si scrivono così e credo siano espressioni per dire “caro mio”, visto che uno dei capi mi chiama sempre così.

bookmark_borderAncora sugli hotel

Devo prima di tutto dire che non è vero che stando nell’hotel più lontano si è l’uomo Disney più lontano dal parco. Non è vero, è una stupidaggine: ci sono quelli del golf e del campeggio che sono ancora più lontani.

Poi c’è una cosa sto dicendo a tutti da giorni, e che quindi devo ripetere anche qui. In pratica negli hotel si vendono i preservativi, insieme ad altre cose da viaggio tipo lo spazzolino da denti, gli assorbenti o lo shampoo. Però i preservativi mi sembrano illogici, perché se nascono meno bambini, meno persone andranno al parco.

Per il resto confermo che si è più spesso da soli e quindi più responsabilizzati: ho aperto e chiuso negozi da solo, cose impensabili prima perché semplicemente non previste dal punto di vista burocratico. Se prima mettevo 7 firme, ora probabilmente sono 27.

La vita qui è tranquilla, allora a volte mi metto a leggere tutti i libri sulle procedure della cassa, del negozio, della gestione delle chiavi (o a scrivere questo paragrafo su uno scontrino). Vado anche ad esplorare cartelle, fogli, file nel computer, e scopro molte cose che prima non sapevo. Una specie di dietro le quinte del dietro le quinte. Forse ora so il 40% del funzionamento di questo negozio, e quindi a livello teorico di tutti. Prima probabilmente sapevo il 10%, ma non sapevo neanche quantificare quanto fosse.

Mi stupisce poi come alcuni di loro facciano alcuni errori. Nel senso, tutti ne fanno, ma ad esempio ogni tanto qualcuno si porta dietro una chiave in un altro negozio, o addirittura il cellulare del negozio a casa. Non hanno una specie di controllo ricorrente delle cose in tasca? Sarà che io frequento spesso i mezzi di trasporto pubblico romani, però almeno due volte al minuto controllo quello che ho in tasca, e comunque ho una specie di check-list mentale delle cose che devo avere in quel momento. Sarà forse l’ansia dei primi giorni, però d’altro canto loro che stanno lì da mesi o da anni dovrebbero andare a occhi chiusi, e aver anche smesso di controllare sempre cos’hanno in tasca, a meno che non vivano in qualche banlieu parigina.

Poi quando viene fuori che manca una chiave o un cellulare chiedono anche a me se io possa averlo preso, quasi come se il nuovo e inesperto possa essersi distratto. Io vorrei dirgli: amico, non parlerò bene francese ma di certo sono più ossessivamente organizzato di voi su queste cose procedurali. Poi secondo me gli errori si fanno e li fanno quando vogliono fare le cose per forza veloci, veloci anche quando non c’è qualcuno ad aspettare (che poi comunque la gente viene lì apposta per fare le file). Gli errori non si fanno rimanendo concentrati e andando piano, e soprattutto incasellando il più possibile le procedure in movimenti del corpo schematici sempre uguali.

bookmark_borderCosa succede negli hotel

Niente, o quasi. Entra poca gente, si fa poco ma si hanno più responsailità perché si è da soli. Pensavo di cominciare a leggere tutto Tacito, o scrivere un libro sugli scontrini. Ero sempre in quello con il maxi-schermo davanti e mi sono visto tutti i gol possibili di calcio inglese e francese, e una gara di motocross.

In un altro vedo fondamentalmente la reception, la porta rotante di ingresso e le navette del parco, potendo quindi fare delle statistiche informali sui flussi di persone che arrivano, e sulla piccola parte di loro che entra anche nel negozio. In un altro lo stesso, e in quello in cui non sono ancora mai stato dovrebbe vedersi la piscina.

Gli hotel come luoghi sono affascinanti, e come tutte le cose visti un po’ da dentro ancora di più. Mi muovo ancora un po’ come Eddie Jemison in Ocean’s Eleven, quando deve mettere la microspia nelle linee, ma più o meno per ciascuno ho trovato dove sono i vari luoghi chiave, cioè fondamentalmente la “cafeteria”, sprovvista di una vera mensa ma dotata di vari meccanismi evoluti per la vendita e il riscaldamento automatico degli alimenti. Secondo me esiste anche un circuito di cose che avanzano al ristorante e vengono poi ridistribuite tra gli altri, ma non l’ho ancora scoperto.

Le regole di ingaggio con gli altri dipendenti dell’hotel sono che ci si saluta, forse con un pizzico di solidarietà interna nei confronti di questi signori un po’ sovrappeso e viziati che ci fanno patire le pene dell’inferno. In realtà non è proprio così, e facciamo ormai tutti parte di questo mondo.

Mi manca un po’ il parco, anche se sono lì in qualche modo come ambasciatore, perché tecnicamente, quando sono in quello con il maxi-schermo dovrei essere la persona ufficialmente del parco più lontana dal parco.

bookmark_borderRitornare

Eccomi di nuovo qui sull’autobus che va da dove si firmano i contratti alle residenze, momento che si pone più o meno a metà nel vari riti dell’arrivo, forse anche troppo vicini rispetto all’ultima volta.

Questa volta, per cambiare, si va negli hotel (cioè nei negozi degli). Grande errore. Ora dico così, poi alla fine dirò che mi sono piaciuti gli hotel. Come funziona? Me l’ero chiesto prima di andare, e in effetti succede che non c’è un guardaroba, e neanche una mensa. Si è autorizzati a prendere cinque camicie e tre pantaloni, che si possono portare a casa.

Oltre a questo, si è molto soli. Si è soli nel negozio, e questo ha anche un suo fascino di responsabilizzazione e sentirsi il padrone di casa, se solo però entrasse qualcuno in questa casa. Diciamo che i ritmi sono più blandi, per 100 persone che entrano nel negozio del parco qui ne entrano 10. Ed è tutto più sfumato rispetto all’organizzazione ferrea del parco. Alcune procedure sono chiaramente le stesse, e anzi si devono fare più cose burocratiche perché si è da soli, ma ad esempio non c’è il badge, e anche l’organizzazione interna degli orari è più leggera (anche perché si è da soli).

Però, la cosa principale è che si è fuori dal parco, e questo si avverte abbastanza, troppo per me. Ad esempio il negozio dell’hotel di ieri dava esattamente di fronte a un maxi-schermo. Ho visto molto rugby francese. Sempre di fronte a te ci sono delle persone che magari bevono anche degli alcolici, per andare nell’hotel ti accompagnano in macchina, arrivando in un parcheggio con molte altre macchine, e la musica in filodiffusione è quella che passa nelle radio eccetera. Insomma, è tutto troppo “reale”, non c’è poi davvero un backstage e quindi nessun salto dentro/fuori tra i due mondi, anche perché di fatto resti con i vestiti di là.

Per il futuro c’è una mezza idea di fare più foto, o addirittura dei video (in questi casi bisogna dire la parola “progetto”), anche perché quello che c’era da dire ormai era più o meno stato detto.