bookmark_borderDreams

Ho rivisto Disney Dreams! (ieri l’ho solo “sentito” dal negozio, una specie di tortura), e credo abbia un problema: è troppo avanzato rispetto a qualsiasi altra cosa esista. Tipo: esiste Dreams! e si paga ancora con i soldi, esiste Dreams! e non abbiamo macchine volanti, esiste Dreams! e non c’è ancora una cura per la vecchiaia, e così via.

Consiglio il “da vicino”, eventualmente sacrificando un po’ di centralità ma arrivandoci da Adventureland o Frontierland, perché su Main Street si blocca tutto e non c’è modo. Può essere anche un’occasione per fare un’ultima attrazione senza coda, ma attenzione a non andare lunghi perdendo l’inizio.

Sono riuscito a fare una foto, anche se non è granché e non c’entra niente con quanto sopra.

bookmark_borderLa rivincita dei nerd

Lavoro in un posto strano, dove poter dare risposta alla domanda: chi mai potrà comprare quella roba? All’inizio mi ero figurato che ci fossero solo cose di lusso, pochissime cose, e avevo paura che ci venissero principi e sultani, oppure Ibrahimovic. Che poi se venisse Verratti gli direi “ué, compa’”, ma l’idea che si presenti Ibrahimovic mi spaventa ancora, perché ho idea che non sia tanto simpatico.

In realtà non c’è solo il lusso, ma anche una vasta gamma di altri oggetti che sforano abbastanza nel souvenir (che pare si dica souvenir qui, ma non sono sicuro), e qui siamo pericolosamente in zona Natale. Il filo conduttore è un po’ il kitsch, ma il punto è che si presenta spesso quella categoria umana sempre interessante che sono i collezionisti.

Comprano “figurine”, in pratica pupazzi in varie scene e atteggiamenti, che possono essere anche molto costosi. Arrivano tipicamente (?) la mattina presto, e a botta sicura vanno sulla composizione che fa al caso loro, magari vista su qualche catalogo online.

Poi c’è il mondo delle spillette, che è un universo sconfinato di collezioni, serie limitate, uscite periodiche, edizioni speciali e scambi. Oggi ho detto per scherzo a un bambino che l’ultima in edizionissima limitatatissima di Stich sul treno era già prenotata (“lei vuole morire, monsieur”, mi ha detto la madre). Ma bambini a parte, e in effetti quello era l’unico, vengono almeno un paio di persone al giorno più attempate, che senza scomodare la sindrome del nostro amico Peter Pan affrontano la questione da adulti.

Voce pacata da serial killer, senza la fretta di chi vuole anche visitare il parco, anche in questo caso sanno quello che vogliono, e pagano con carte di platino (i collezionisti sono ricchissimi). Mi aspetto che comprino le spillette e poi se ne vadano a casa, senza fare neanche Pirati dei Caraibi, ma i collezionisti trovano nel luogo in cui si alimenta la loro raccolta la loro dimensione. Oppure sanno qualcosa che non sappiamo, tipo che tra vent’anni diventeranno ricchissimi su eBay. Intanto però spendono un sacco di soldi.

Insomma, il bello è che si tocca un po’ con mano quella parte di parco vissuta da alcuni al 100%, cosa che negli Stati Uniti è molto più presente anche come idea di crearci attorno una narrazione, e di affidarsi alla storia che il parco vuole creare, riconoscendola come vera, storiograficamente valida, o comunque valida all’interno di quel sistema chiuso e potenzialmente onnicomprensivo che è il parco. Anche perché come storia tout-court stanno un po’ scarsetti, ma l’estremo opposto è vivere nell’eterno ricordo ed esaltazione del passato coma facciamo noi. Questo però inizia a essere un altro discorso.

bookmark_borderBuongiorno Truman

Varie novità tutte insieme, da buon inizio, e bisogna sforzarsi di procedere con ordine. Quella che forse mi ha più colpito positivamente è la scoperta di un’altra mensa, che non so se si può dire ma sta proprio sopra Main Street, cioè al secondo piano degli edifici. Più che altro, è grandissima, e ti chiedi anche come possa esserci tutto quello spazio lì sopra.

Inoltre ci passavo davanti quasi tutti i giorni, e non mi ero mai accorto della sua esistenza. E nessuno di quelli che lavoravano con me l’anno scorso mi aveva mai detto niente, e neppure nessuno ci andava, perché in tutte le pause ho sempre e solo visto gente andare alla vecchia. Oggi, invece, tutti quelli a cui chiedevo la conoscevano già, e chissà quanti altri posti non conosco.

Un’altra cosa che mi ha colpito è che qui tutti si ricordano i nomi, intendo a livello di capi e semi-capi. Io non ho nemmeno idea di come si chiamano i coinquilini in questo momento. Forse c’è un corso speciale per questo (magari si chiama “impara i 7 nani”), perché passi il semi-capo di oggi, che magari ce l’ha fresco, ma anche gente incontrata per caso dell’anno scorso se lo ricordava subito.

Qui comunque diventa sempre di più una questione di amici che si ritrovano, un po’ per gruppi omogenei di conoscenza, tipicamente per nazioni.

Il pensiero ricorrente in questi primi giorni è: perché non l’hanno aperto in Spagna questo posto, che pure era in ballottaggio? (parlami ancora di quell’IVA agevolata) Fa freddissimo, forse il massimo freddo mondiale concepibile, ma migliorerà.

bookmark_borderUn nuovo inizio

Nonostante una fila in aeroporto che si è bloccata davanti a me per un tipo che aveva problemi con i documenti, la fila ai controlli che si blocca davanti a me perché un bagaglio rimane incastrato nel metal detector, la fila per comprare un adattatore perché dei tizi davanti a me stavano comprando delle telecamere, la buona notizia è che per qualche motivo mi hanno messo nelle altre residenze, quelle “belle”, più spaziose e a soli 10 minuti di autobus dal parco.

Non sembra in realtà molto diversa dall’altra, perché sempre di stanza doppia si parla. In più c’è però un vero salotto con cucina, e le due stanze. C’è quindi un coinquilino temporaneo come me, al tredicesimo contratto, e altri due dall’altro lato. Credo che queste residenze si siano liberate perché hanno finalmente mezzo cacciato altri cast member storici che vivevano qui da quando Topolino aveva solo i pantaloncini (teoricamente nelle residenze si può stare massimo sei mesi). Dall’altro lato però c’è uno che sta da qui da tempo, e un altro temporaneo non ancora visto.

Ho provato anche a entrare timidamente nel parco, sia dal backstage dicendo che avevo un contratto da domani (“no no, domani”), sia dai tornelli con il mio abbonamento parziale, ma era giorno “rosso”. Già lo sapevo ma magari erano nel frattempo cambiate le date. Per un lampo ho anche pensato di passare dall’uscita, forse non era impossibile, ma poi mi avrebbero cacciato con ignominia.

La nuova sistemazione subito fuori dall’ingresso per ora non mi piace. Invece di entrare come si entra in una piazza, come era prima, sembra che gli ospiti uscendo debbano fare un percorso unico, più lungo e passando per forza di fronte al nuovo mega-negozio (toh) World of Disney (che pure non mi piace), e in parte dentro al Village, dove non si entra più dove c’è scritto Bienvenue. Insomma, un po’ da rivedere, comunque se ne riparlerà, così come ci saranno le solite foto e tutto il resto, ma ora la connessione è un po’ di fortuna, perché è nel McDonald’s dove c’è proprio scritto nella schermata che puoi sì utilizzarla, ma se serva il tavolo a qualcuno che mangia te ne devi andare. Ovviamente è pieno, e mi aspetto da un momento all’altro un “s’il vous plaît, s’il vous plaît”.

bookmark_borderLuoghi comuni geografici europei

Cotinuando da quelli italiani:

– Vienna si trova esattamente sopra Trieste;

– La Danimarca è tutta sotto la Svezia;

– Glasgow ed Edimburgo sono invertite;

– La Bielorussia è un rettangolo;

– Il pezzo di Russia con Kaliningrad tende a non esistere;

– Ibiza è nell’isola grande;

– La Moldavia sta dall’altro lato dell’Ucraina;

– L’Ucraina non è così grande;

– Praga è più a est di Vienna;

– Berlino non è così vicina al confine;

– Bruxelles è alla stessa altezza di Parigi;

– Lisbona è alla stessa altezza di Madrid.

Più probabilmente altri.

bookmark_borderRio

Sì, forse avranno anche qualche problema con le favelas, ma non è niente a confronto alle auto in doppia fila, sui marciapiedi, alle malattie per lo smog, all’impossibilità per i disabili di uscire di casa e alla più generale illegalità diffusa in vari settori. Questo è un video di Rio de Janeiro oggi (figuriamoci tra 4 anni) e non saremo mai abbastanza grati a Monti per aver ritirato l’appoggio a Roma 2020 (anche se forse per quella data si sarebbero finiti gli impianti dei Mondiali di Nuoto). Perché le Olimpiadi sono un premio, non un privilegio.

bookmark_borderLuoghi comuni geografici

Ci sono equivoci geografici generali, il più celebre dei quali è probabilmente quello per cui Napoli si trova più a est di Venezia, quando molti direbbero il contrario. Poi ciascuno ha i suoi equivoci personali. Questi sono i miei, alcuni li ho definitivamente risolti, mentre altri, nonostante sia un appassionato di mappe, sono duri a morire quando si pensa alla propria cartina inconscia dell’Italia.

– Milano, Bologna e Roma si trovano esattamente allineate;

– Torino si trova esattamente sopra Genova;

– Roma è alla stessa altezza di Cagliari;

– Uscendo dalla stazione di Bologna si va verso nord;

– Ferrara si trova a est di Bologna (forse confusione storica con Ravenna);

– Firenze è più vicina a Roma che a Bologna;

– Siena è più a nord di Firenze;

– Viterbo è più a est di Roma;

– L’Aquila si trova molto più a nord di Pescara (alla stessa altezza di Teramo);

– Bergamo è alla stessa altezza di Milano;

– Treviso si trova più a sud di Venezia;

– Monza è a est di Milano;

– Jesolo è a sud di Venezia;

– Mantova si trova molto più a nord;

– Livorno è più a nord di Pisa;

– Cuneo è alla stessa altezza di Torino;

– Foligno è più a nord di Perugia;

– Pordenone è più a nord di Udine;

– Matera è molto più a ovest.

Sono molti, e alcuni credo dipendano dalla difficoltà di immaginare davvero l’Italia come in effetti è, in diagonale, quanto piuttosto a tendere a pensarla dritta.

Poi ci sono numerosissimi incollocabili puri, città che avrei davvero difficoltà a puntare su una mappa (ma sto migliorando), sbagliando forse anche di 100 chilometri, posto comunque che sulla regione di appartenenze non ci sono mai problemi. Qualche esempio, a parte i precedenti:

Rovigo, Lucca, Nuoro, Alessandria, Arezzo, Crotone, Agrigento, Oristano, e sicuramente diversi altri.

bookmark_borderSoglie di compromesso italiche

Ovvero, quelle piccole scelte adattative di fronte a soprusi e ingiustizie che subiamo ogni giorno, dati più che da disorganizzazione storica cronica che da cattiveria. Difficili spesso da inquadrare, soprattutto nell’agitazione che provocano nella prospettiva di affrontarle più che dopo, ma forse con un esempio è più facile.

Il primo macro-compromesso è che Mirabilandia dovrebbe avere una monorotaia, o un treno sotterraneo, che va dalla stazione più vicina al parco. Non c’è la monorotaia, ma c’è un bus navetta mezzo disastrato e sporco (tanto mica è la prima cosa che uno vede del parco, il biglietto da visita). Ci si sale affrettando un po’ il passo appena scesi dal treno, cosa che pensi di fare già dal treno, e a farne le spese è una più macchinosa simil-scolaresca.

Dentro il parco c’è molta gente, ma con un pazienza si riescono a fare le cose principali. Solo, inizi a fare dei calcoli per come chiudere la giornata. I calcoli su come fare le ultime attrazioni sono però anticipati da quelli per prendere la navetta del ritorno, e da quelli su come recuperare lo zaino, che è sì in un armadietto esterno ma c’è la cauzione da recuperare, e quando l’hai lasciata la situazione era abbastanza affollata.

Il ritorno all’armadietto invece si risolve in un secondo (passo un sacco di tempo ad arrivare in anticipo nei posti, prendendo per sicurezza un autobus prima, che è il regno dei compromessi), e allora forse potevo rimanere sulla fila di iSpeed, abbandonata a metà per paura che fosse tardi. Ma non posso neanche tornarci, perché in Italia c’è questa abitudine che l’ora di chiusura del parco sembra indicare l’ora in cui i dipendenti sono tornati a casa e si sono fatti un piatto di pasta, invece che l’ultimo momento utile per mettersi in coda. E quindi le file chiudono x minuti prima, in questo caso 30.

Insomma, c’è addirittura quasi tempo per prendere la navetta precedente, ipotizzando che quella successiva fosse ancora più piena, ma anche questa in realtà lo era. Assisto solo alla scena di un ragazzino che sembrava uscito dal casting di Gomorra mentre prendeva di peso un suo amico per portarlo dentro, tra proteste varie (era settembre, cosa succede ad agosto? Si sfiora la rissa ogni giorno?). Non c’era più fila, né niente, ma una piccola folla di gente rimasta fuori sarebbe rimasta lì per aspettare la successiva.

Allora l’alternativa era rischiare di sgomitare e alzare la voce anche alla successiva? Meglio farsela a piedi, che è il principale compromesso di questa storia. In questo caso non come agitazione preventiva ma come scelta di sconfitta, di male minore rifiutando a priori le “regole” della competizione, o addirittura la prospettiva di far valere un diritto (per evitare di saltare sulla sedia a ogni citofonata, ho pagato il canone Rai pur avendo il televisore completamente scollegato dall’ultimo giorno utile per pagarlo, ma ora lo regalo ufficialmente mandando la raccomandata).

Arrivo esattamente in coincidenza con l’autobus che avrei dovuto prendere, per quello strano equilibrio magico in cui poi alla fine te la cavi lo stesso, seguendo però percorsi non ordinari e non programmabili. Era importante arrivare presto, perché poi poi il biglietto del treno sarebbe stata una nuova storia (agitazione preventiva). E infatti alla stazione non c’è modo di farlo, tra macchinette mezze scassate e bar sprovvisti. Alla fine, in un rarissimo momento di non rispetto delle regole faccio per la prima volta in vita mia 5 minuti di treno senza.

Poteva andare peggio, perché la via Romea non è esattamente un luogo per camminare, ma a chi devo però addebitare la bronchite che mi sono preso dopo, probabilmente per aver passeggiato su statali romagnole con la maglietta mezza bagnata? Con il tipo uscito da Gomorra? Con Mirabilandia? Con l’Italia? Con gli italiani?