bookmark_borderGracia di esistere

Già le generalizzazioni sulle “identità” delle città non si possono sentire, figuriamoci poi quelle sue quartieri. Nonostante questo, a Barcellona Gracia ti riesce a trasmettere una certa notevole tranquillità.

Saranno le strade ad angolo retto, fattostà che c’è un equilibrio generale che non è neanche legato alla possibilità di vivere la vita più della quota che la città concede (95%, però sicuramente la voce “auto e rumore” è molto bassa): ci sono dei difetti, ad esempio scritte sui muri, però sono inseriti in un equilibrio di ragionevolezza che uno è anche disposto ad accettare.

A qualcuno potrebbero interessare i “negozietti”, che sono anche carini e colorati, ma per il volere essere ognuno troppo diverso dall’altro offrono una varietà di business e cose che ti rende un po’ spaesato. A me interessa di più che sia un po’ scattata per un qualche miracolo un’idea condivisa di ordine.

bookmark_borderAlbum fotografico minimo

Un graffito a Girona.

Cosa si vedeva dalla cima del castello.

Come sarà il nuovo Forum Les Halles.

Poster del film Diana vicino ai tunnel sulla Senna.

Gente colorata secondo squadre che faceva una specie di battaglia tirandosi cose colorate (forse un rito universitario di inizio anno).

La Maison della RATP, c’è qualche mezzo antico ma non è proprio un museo.

Bercy, il parco.

Gente vestita in maniera notevolmente bizzarra che sta per entrare nel palasport di Bercy, non ho idea a far cosa.

Ratatouille, lavori.

Le orecchie che si illuminano sincronizzate con Disney Dreams. Le aveva l’1% degli spettatori.

Beach volley a Parigi. Si può fare.

Gli affari dei bopagli.

bookmark_borderDolce far qualcosa

Quando vado a Barcellona finisco sempre per dare una mano nella pasticceria che ha aperto un mio amico, e comprare altre cose per mia sorella, quindi non c’è molto da dire, ma va bene così. Anzi, a trovare il mio amico ci vado praticamente apposta.

Barcellona è come una città dovrebbero essere le città. Grande il giusto, con i trasporti che funzionano, sul mare. A chi salterebbe mai in mente di costruire una città non sul mare? Al limite, l’unico problema è la presenza delle salite.

bookmark_borderBandiere

L’indipendenza catalana è un mito tenuto in piedi dai venditori di bandiere, qui un vero business. Ogni palazzo ne ha almeno tre, più varie composizioni di striscioni sui balconi più lunghi.

È molto sentita l’identità nazionale, si dice, ma in un mondo che va sempre più verso l’abbattimento dei confini, e un governo europeo e poi mondiale (sotto l’egida di Facebook), dove uno avrebbe gli stessi amici in sostanza. Perché uno dovrebbe sentire questa “identità” in un posto che è la prova che tutto è graduale, al massimo intervallato da qualche confine naturale poi amplificato in confine sociale: la lingua, il principale veicolo culturale, è infatti a metà strada tra lo spagnolo e il francese.

bookmark_borderIl promontorio della paura

Eccomi in un paesino vicino Girona, con un castello in cima a una collinetta, o che forse si classifica come “montarozzo”, perché non degrada gentilmente. Ci si può comunque salire, ed è ovviamente una delle cose da fare. Sopra, si sale anche dentro al castello, che però conserva solo le mura.

Al ritorno siamo anche stati avvicinati da un cane, che un signore aveva legato quando ci ha incrociato, ma dopo averlo slegato il cane si è ricordato di noi e delle nostre scariche di adrenalina, e ci ha seguiti. Quindi nuove scariche di adrenalina. Il padrone lo chiamava da lontano cercando di raggiungerlo, ma il cane avrebbe avuto tutto il tempo di sbranarci e bersi anche un amaro. In realtà si intuiva che non fosse ringhioso, però era un pit bull (questa inciso sarebbe ripreso da un proprietario di pit bull nei commenti, se questo blog avesse i commenti), e in quei momenti credi fermamente negli stereotipi.

Cosa fare in questi casi? Cercare di calmarlo o di cacciarlo? Essere aggressivi a propria volta? Non si è mai capito. Alla fine non abbiamo fatto quasi niente, rimanendo più o meno fermi, o provando io un po’ a distrarlo perché ce l’aveva in particolare con la borsa della mia amica.

La cosa in realtà da fare, capìta troppo tardi, era andare da subito verso il padrone, per ridurre il tempo soli con il cane. Uno pensa sempre di fare lo sgambetto a un rapinatore, o disarmarlo, ma in quei momenti rimani un po’ senza lucidità, e dopo te ne rammarichi anche un po’.

Forse è stata la situazione più tecnicamente paurosa legata a un mio viaggio. Sì, non mi vado a cacciare in particolari avventure.

bookmark_borderGirino

Eccomi di nuovo in giro per Girona, ma per pochissimo tempo, complice un autobus da prendere e uno zaino un po’ pesante. In realtà mai nessuno passa molto tempo a Girona, tutti transitano da qui perché ci arriva la-Ryanair e poi se ne vanno, forse anche i suoi abitanti. Meriterebbe però più attenzione.

Tra le cose che non diventeranno mai turistiche ho quindi giusto scoperto un palazzo con dei bassorilievi sulle colonne tra una porta/vetrina e l’altra, ma pur sempre un palazzone. Il bello è che alcuni di questi bassorilievi hanno temi moderni, e il contrasto tra una forma espressiva antica e il suo messaggio moderno è sempre interessante. Perché? Non lo so.

Non ho poi mai capito se si debba chiamare Girona, con la “G” forte, o con quel budino alla crema impronunciabile di “g” che dicono qui. Oppure c’è anche la versione “Gerona”, con anche qui la questione delle “g”. Sicuramente è una di quelle cose che in un modo è spagnolo, nell’altro catalano. Secondo me i catalani si sono presi la “g” forte, e anche tutta la versione Girona, mentre Gerona è il vecchio nome spagnolo. Temo di chiederlo per non sentirmi raccontate qualche banale racconto storico di quelli che “poi sono arrivati gli arabi”.

bookmark_borderBarceloneta

Mi piace andare a visitare le spiagge dei posti che le hanno, per fare il confronto con il sistema migliore mondiale di spiaggia, che è Pescara, dove d’estate potrebbero esserci più turisti che a Parigi, Londra e appunto Barcellona messe insieme, ma la gente non vuole, e allora non se ne fa niente.

Barceloneta è l’idea che ha un’inglese di una spiaggia: un posto per prendere il sole, senza un’idea diffusa di ombrelloni da affittare, quasi senza strutture di nessun tipo. E soprattutto senza campi da beach volley, complice anche una sabbia che non è granché, e che si ha l’idea sia stata mangiata un bel po’ per quella mania che hanno loro di fare passeggiate pedonali. Al limite, è carino il fatto che la spiaggia è in un’ideale linea di continuità con il marciapiede, senza muretti.

Non siamo dei labrador, e se alle spalle c’è una città che avanza, possiamo tranquillamente accettare che il mare sia un fatto sociale, o al limite sportivo, e ragionare in tal senso. Ma il tentativo di cosa ipoteticamente naturale con i palazzi di cento piani accanto, e un tappeto di inglesi rotolati giù dalla rambla – qualcuno anche con addosso un costume – resta una forzatura.

Se poi uno vuole stare da solo a prendere il sole o leggere libri all’aperto contento lui, può andare da qualche parte con il treno (quelli funzionano eccome) e si cerchi uno dei numerosi posti del genere.

bookmark_borderUn film solo di case

La vera conoscenza del mondo è nelle case. Se solo fosse possibile entrare in tutte le case, si imparerebbero molte cose. Sono finito in una casa strana, in un posto abbastanza sperduto in Spagna. Uno poi pensa all’architettura, che a volta fa la sua parte (qui era come la casa del film Volver), ma anche quello che si fa della casa è importante: gli oggetti all’interno, eventuali stanze o aree date in affitto e a chi, come è divisa e quali parti vengono usate e come.

In questo caso siamo vicino al mare, e c’era quasi un’idea di tematizzazione marina (e io sono sensibile alle tematizzazioni, e ad eventuali idee che ci sono dietro), con reti, conchiglie e barchette che sbucavano da varie parti. Alcune porte erano una tavoletta di legno vecchio, e si chiudevano solo incastrando un peso (una boa) con un filo a un pomello esterno. Il bagno con la doccia aveva il pavimento fatto di pietre, come se fosse una doccia direttamente al mare. C’erano poi anche vari piani, che non guasta mai, uniti da scale un po’ leggerine ma attaccate a una struttura di legno dal profilo irregolare.

Poi terrazzi di vario tipo, sedie comode, ampie vetrate e una cucina moderna e funzionale, che pure non guasta. Perché sembra poi che se si va sull’esotico rustico ci stia quasi male qualcosa di costruito in questo secolo. Invece no.

Se anche lì arriva a esserci una casa così, chissà quante ce ne sono in tutto il mondo.

bookmark_borderCose nuove imparate in Spagna

Girona non è solo un aeroporto, ma un posto vero. Ora devo assolutamente andare a controllare se anche Orte è così.

Le spiagge in Spagna tendono a non sposare il modello di Rimini, o di Pescara, cioè di urbanizzazione estrema fatta da ombrelloni più o meno grandi. La spiaggia è di tutti, e di principio sembra non esistano concessioni, salvo dei bar e delle blande attività di noleggio di lettini. Questo almeno è quello che mi hanno detto.

La spiaggia l’ho vista di notte, e l’altra cosa che ho imparato è che dati due gruppi di persone che hanno in programma di stare in spiaggia, se la spiaggia è vuota e date certe circostanze sui movimenti di avvicinamento di un gruppo all’altro, i due gruppi tendono a interagire e socializzare tra loro. Nello specifico c’erano dei sub belgi, saranno stati una trentina di tutte le età (forse metà dei sub del Belgio). Molto organizzati, avevano anche un banchetto con la musica, e siamo stati di fatto chiamati a stare con loro. Chi ha più attrezzature probabilmente tende ad accogliere chi va lì con due birrette e senza programmi. Ma il principio è che i gruppi devono in qualche modo interagire con loro.

Gli spagnoli tendono a tirare la serata fino alla fine di qualsiasi ragionevole durata della serata stessa. Dopo i sub belgi poteva finire lì, e invece si va ancora in cerca di bar, continuando a parlare ad alta voce non si sa con quale energia. È bello stare con gli amici, uno parlerebbe quasi all’infinito, ma ci vuole un momento di razionalità per dire basta. Questo è quell’aspetto dello spagnolo come popolo bambino, diciamo però con i pregi ingenui del bambino.

Ho poi visto un posto di blocco spagnolo dal lato passeggero di una macchina. Bello, con tante lucine per terra e altri poliziotti collaterali con bacchette luminose che ti indicavano dove fermarti. Il poliziotto dice delle cose procedurali come a volte agli spagnolo piace fare gli anglosassoni, fa scartare a te il tubicino e fa soffiare. Solo che la persona che guidava era sotto i limiti, quindi purtroppo non ho visto il resto della procedura di eventuali multe e ritiri della patente.

bookmark_borderAlbum fotografico minimo

Buone idee. I due erano agganciati tra loro, una cantava e uno suonava.

Quel discorso dell’ibrido tra “di strada” e teatro “vero”.

Facile. Il momento di maggiore emozione “mo cade”.

La chiesa con il minor respiro di fronte a sé della storia.

Buona idea. Libri sotto mattonelle sotto-vetro.

Una città che promuove la candidatura olimpica di un’altra, forse per il legame dell’essere state entrambe capitali.

La fanfara che non suonava, ma faceva varie gag.

Teatro semi-statico di deriva simbolistico-esistenziale in cui ascoltavi questi tipi dentro delle palle. Però mi aspettavo che ci fossero scenette dentro, non solo la testa.

Un clown cileno che sa totalmente il fatto suo.

Un raro momento senza nessuno il plaza Mayor (l’alba). E pure qualcuno c’era.

Questo è un intercity in Spagna. Anche dentro era lievemente diverso da quelli italiani.

L’ex Arena de toros di Barcellona, ora centro commerciale, punto panoramico sul tetto, palestra e cinema multisala.

La pasticceria del mio amico a Barcellona, dove tendono a risucchiarmi per dargli una mano senza permettermi di visitare la città (ma non avrei comunque tempo).

Una piazza dove c’è scritto l’anno con il punto (ma dall’altro lato no).