bookmark_borderRicordarsi del latte

Un cliché cinematografico interessante e divertente è quando uno va in cucina per prendere il latte, prova a versarlo ma scopre in quel momento che il cartone è vuoto. In realtà il cartone del latte vuoto è leggerissimo, e uno dovrebbe accorgersene appena lo solleva. C’è da dire che è anche abbastanza raro che si lasci un cartone vuoto di latte in giro.

bookmark_borderPrivacy fisica

Tutti pensano alla privacy come concetto astratto, di dati utilizzabili da non si sa bene chi, ma nessuno pensa alla privacy fisica, violabile dalla facilità di leggere cose nel telefono di chi ci è accanto sull’autobus (o davanti e di fianco, negli autobus extraurbani). Tanto più che ogni volta che si spinge un pulsante in quelle maledette tastiere, la lettera, il numero o il simbolo corrispondenti diventano per un attimo giganti.

bookmark_borderRio

Sì, forse avranno anche qualche problema con le favelas, ma non è niente a confronto alle auto in doppia fila, sui marciapiedi, alle malattie per lo smog, all’impossibilità per i disabili di uscire di casa e alla più generale illegalità diffusa in vari settori. Questo è un video di Rio de Janeiro oggi (figuriamoci tra 4 anni) e non saremo mai abbastanza grati a Monti per aver ritirato l’appoggio a Roma 2020 (anche se forse per quella data si sarebbero finiti gli impianti dei Mondiali di Nuoto). Perché le Olimpiadi sono un premio, non un privilegio.

bookmark_borderSoglie di compromesso italiche

Ovvero, quelle piccole scelte adattative di fronte a soprusi e ingiustizie che subiamo ogni giorno, dati più che da disorganizzazione storica cronica che da cattiveria. Difficili spesso da inquadrare, soprattutto nell’agitazione che provocano nella prospettiva di affrontarle più che dopo, ma forse con un esempio è più facile.

Il primo macro-compromesso è che Mirabilandia dovrebbe avere una monorotaia, o un treno sotterraneo, che va dalla stazione più vicina al parco. Non c’è la monorotaia, ma c’è un bus navetta mezzo disastrato e sporco (tanto mica è la prima cosa che uno vede del parco, il biglietto da visita). Ci si sale affrettando un po’ il passo appena scesi dal treno, cosa che pensi di fare già dal treno, e a farne le spese è una più macchinosa simil-scolaresca.

Dentro il parco c’è molta gente, ma con un pazienza si riescono a fare le cose principali. Solo, inizi a fare dei calcoli per come chiudere la giornata. I calcoli su come fare le ultime attrazioni sono però anticipati da quelli per prendere la navetta del ritorno, e da quelli su come recuperare lo zaino, che è sì in un armadietto esterno ma c’è la cauzione da recuperare, e quando l’hai lasciata la situazione era abbastanza affollata.

Il ritorno all’armadietto invece si risolve in un secondo (passo un sacco di tempo ad arrivare in anticipo nei posti, prendendo per sicurezza un autobus prima, che è il regno dei compromessi), e allora forse potevo rimanere sulla fila di iSpeed, abbandonata a metà per paura che fosse tardi. Ma non posso neanche tornarci, perché in Italia c’è questa abitudine che l’ora di chiusura del parco sembra indicare l’ora in cui i dipendenti sono tornati a casa e si sono fatti un piatto di pasta, invece che l’ultimo momento utile per mettersi in coda. E quindi le file chiudono x minuti prima, in questo caso 30.

Insomma, c’è addirittura quasi tempo per prendere la navetta precedente, ipotizzando che quella successiva fosse ancora più piena, ma anche questa in realtà lo era. Assisto solo alla scena di un ragazzino che sembrava uscito dal casting di Gomorra mentre prendeva di peso un suo amico per portarlo dentro, tra proteste varie (era settembre, cosa succede ad agosto? Si sfiora la rissa ogni giorno?). Non c’era più fila, né niente, ma una piccola folla di gente rimasta fuori sarebbe rimasta lì per aspettare la successiva.

Allora l’alternativa era rischiare di sgomitare e alzare la voce anche alla successiva? Meglio farsela a piedi, che è il principale compromesso di questa storia. In questo caso non come agitazione preventiva ma come scelta di sconfitta, di male minore rifiutando a priori le “regole” della competizione, o addirittura la prospettiva di far valere un diritto (per evitare di saltare sulla sedia a ogni citofonata, ho pagato il canone Rai pur avendo il televisore completamente scollegato dall’ultimo giorno utile per pagarlo, ma ora lo regalo ufficialmente mandando la raccomandata).

Arrivo esattamente in coincidenza con l’autobus che avrei dovuto prendere, per quello strano equilibrio magico in cui poi alla fine te la cavi lo stesso, seguendo però percorsi non ordinari e non programmabili. Era importante arrivare presto, perché poi poi il biglietto del treno sarebbe stata una nuova storia (agitazione preventiva). E infatti alla stazione non c’è modo di farlo, tra macchinette mezze scassate e bar sprovvisti. Alla fine, in un rarissimo momento di non rispetto delle regole faccio per la prima volta in vita mia 5 minuti di treno senza.

Poteva andare peggio, perché la via Romea non è esattamente un luogo per camminare, ma a chi devo però addebitare la bronchite che mi sono preso dopo, probabilmente per aver passeggiato su statali romagnole con la maglietta mezza bagnata? Con il tipo uscito da Gomorra? Con Mirabilandia? Con l’Italia? Con gli italiani?

bookmark_borderAlcune cose sulle Olimpiadi, con i Giochi ancora in corso

Devo rivedere almeno un altro paio di volte la Cerimonia d’apertura.

Per il resto, a futura memoria, noto un certo contrasto tra l’importanza dell’evento, e quanto se ne parla, e la quasi impossibilità di vederlo.

La Rai fa vedere quantitativamente il 5%, e qualitativamente l’1%. Tutti hanno pensato: ah, tanto le fa anche la Rai, ma nessuno poteva prevedere che sarebbe andata così, nessuno si era andato a vedere il numero delle ore, anche se con un canale solo era prevedibile, ma forse segretamente si sperava che l’ossessione pigra di far veder e soltanto gli “italianingara” fosse un po’ attenuata. Con Sky da quel poco che ho visto va meglio, anche lì c’è abbastanza il criterio degli italianingara ma con 12 canali si riesce comunque a vedere molto atro. Il paradosso però è che per vedere Sky devi avere un televisore, e se hai un televisore devi pagare il canone Rai.

Ormai è andata così, la Rai ha preso quelle ore, forse per una questione di diritti obbligatori minimi delle televisioni nazionali, ma l’altro paradosso è che con il criterio di far vedere solo gli “italianingara” riesca lo stesso a vivacchiare, perché forse è quello che la gente vuole (viene omesso il dibattito sul fatto che lo vuole perché è l’unica cosa che viene mostrata). Non mi sembra che la gente si stracci le vesti per questo, o si formino grandi code nei bar che hanno Sky.

Ti ritrovi poi a cercare incastri impossibili di italiani e non-italiani in gara per capire cosa alla fine verrà fatto vedere. Ma anche quando è mezzanotte, e gli unici “italianingara” sono quelli del beach volley, interrompono decine di volte la diretta con collegamenti dallo studio. L’unica spiegazione è che ci sia un problema di diritti, cosa vera per alcune dirette, ma mi sembra strano che una volta che l’evento viene trasmesso, non possa essere trasmesso tutto.

Alla fine della fiera, ne viene fuori un po’ di pessimismo in contrasto con la modernità dell’evento e anche degli strumenti per raccontarlo, che pure a loro volta vengono utilizzati per lo più per alimentare tutto questo. Sposto di 50 anni il pronostico sulla fine delle religioni e dei nazionalismi e di 25 anni quello sulla fine del divieto di sosta a Roma.

bookmark_borderCose impossibili in Italia

C’è una moda nei playoff NBA da qualche anno, ed è quella di vestirsi tutti dello stesso colore per incitare meglio la squadra, insomma creare un certo clima. Che io sappia se la sono inventata a Miami questa cosa, vestendosi tutti di bianco.

Io molto umilmente suggerii di fare una cosa del genere anche a Roma, 4-5 anni fa, mandandogli un’email. Due giorni dopo uscì il comunicato che avrebbero distribuito le magliette. Se fu davvero una mia idea non lo sapremo mai, ma questa comunque è un’altra storia.

La cosa notevole, della storia di Miami e di tutte le squadre NBA che poi hanno seguito l’esempio, è che le magliette non vengono distribuite in un clima di aiuti alimentari, ma sono già appoggiate sulle sedie. Uno arriva e si prende la sua, fine della storia.

bookmark_borderMacchinine

Quando il Pescara di calcio è andato in Serie A, sempre di calcio, tutti salivano sul carro dei vincitori, ma bisogna dire che non c’è stata neanche una scritta sui muri. Almeno, io non ne ho trovata nessuna. Cionostante, quella sera è andata a fuoco un’auto, probabilmente per un fumogeno o un petardo. A proposito, ma chi è che ha dei petardi in casa e dice: “ehi, ha vinto il Pescara, prendi quei petardi dall’armadio, e i fumogeni nel cassetto”. Dove si comprano i petardi?

Comunque, io l’ho vista, poco dopo che aveva iniziato a bruciare, e subito mi è sembrato un fuoco un po’ anomalo. Sembrava una cosa lunga ma poco sviluppata in verticale. Poi ci sono ripassato la mattina dopo, e questa è la foto. Insomma, era una “macchinina”. Diciamo che la parte “solida” si riduce a due mozzi sui lati, il resto è abbastanza fuffa. E queste macchinine girano liberamente per le strade.

bookmark_borderSceneggiature impossibili in Italia: Quasi amici

Nella scena iniziale i due amici fanno un giro in macchina a velocità altissima per le via di Parigi. La polizia li insegue e riesce a fermarli, puntando la pistola per farli scendere dall’auto. Con la faccia sul cofano, l’assistente dice al poliziotto: ehi, non vedi il cruscotto?! Indicando il permesso per le persone con disabilità. Il poliziotto appena lo vede si ritrae subito, non dubitando ovviamente che potesse essere un permesso falso.