Ritmo, ci vuole ritmo

Secondo giorno di spettacoli al Festival Internacional Teatro y Artes de Calle di Valladolid con una considerazione principale: metà degli spettacoli potrebbe durare la metà. Il restante, tre quarti. È vero che in realtà il festival è più di teatro che de calle (strada), non si capisce perché non possano entrare, fare la loro cosa e avanti il prossimo.

Se hai una cosa di equilibrismo, fai la cosa di equilibrismo. Se sei un clown, va bene: entra con la biciclettina facendo qualche giro, però poi fai subito le tue cose senza metterci ore a preparare tavoli e oggetti vari. Con il teatro “puro”, o “semi-ibrido”, a volte è anche peggio. Se hai una mega-piscina gonfiabile d’acqua, e uno spettacolo che si basa interamente su quello, non far entrare la piscina dopo 20 minuti, e dopo che tre attori hanno attraversato tutto il palco camminando su delle sedie e passandosi per ogni passo l’ultimo la sedia al primo (per di più quando – grazie al simpatico clima continentale – la sera è già diventata freddissima, dopo il caldissimo del giorno). O se hai video e cose di movimento relazionate ad essi, non indugiare.

Probabilmente questa lentezza attiene al modo in cui vengono confezionati gli spettacoli per essere scelti. Uno non può dire: io so fare questa cosa e quest’altra, entro faccio due mosse in più per introdurle e mi sbrigo in 10 minuti. No, non sarebbe arte. O forse sono io che noncapisconiente. La conseguenza è che in questo gioco al rialzo tra arte e più arte ancora basta poi poco per ritrovarsi con descrizioni che parlano di “un viaggio interiore nell’animo umano” (quale spettacolo non lo è?). Ecco, io organizzatore comincerei con l’escludere qualsiasi descrizione di presentazione che parli di “un viaggio interiore nell’animo umano”.

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