Kaki

Se la Francia decidesse di inviare nuovi soldati in Mali, sono pronto. O se viceversa ci attaccano ad Adventureland, siamo pure a posto. Il mio vestito è kaki, tutto. I pantaloni sono kaki, la camicia è kaki, la giacchetta è kaki, la giacca più pesante (che ora non serve) è kaki. Anche i bottoni sono kaki. All’inizio sembrava ci fosse anche un fazzoletto arancione, ma in realtà non serve. Comunque è comodissimo, perché non ci sono cravatte e cravattini da primi del ‘900, e si può tenere anche il primo bottone slacciato. Inoltre, le giacche permettono di portare con sé spazzolino, dentrificio, deodorante e foglietti vari, senza ripassare dal gira-gira della combinazione dell’armadietto nella pausa pranzo.

Ci sarebbe anche un cappello (kaki). Ci ho pensato se prenderlo, ma intanto praticamente nessuno ce l’ha, perché sarebbe più previsto per l’attrazione di Indiana Jones, e già questo basterebbe. Poi il fatto è che se ti metti anche il cappello a quel punto ti proponi davvero troppo come Indiana Jones, inteso come personaggio – che peraltro neanche esiste nel parco -, senza averne la formazione opportuna. E ci sarebbe anche il sottile problema di doppi, tripli Indiana Jones che girano, seppure non dichiarati. Meglio senza cappello, come se fossi una specie di aiutante, o amico, di Indiana Jones, ma non esattamente lui. Però ho deciso di introdurre la gag che se mi chiedono dov’è Indiana Jones (l’attrazione), rispondo: “eccomi!”.

Vestiti a parte, mi ero quasi dimenticato di quanto fosse divertente lavorare qui, l’atmosfera che c’è, il rispetto millimetrico degli orari, direi quasi gli odori, se non fosse troppo poetico. Il team è fantastico, come spesso accade. Sono organizzati e gentili e ti aiutano in tutto e per tutto, ma credo sia proprio previsto così, come cioè se fosse anche quello un loro compito. In ogni caso, lo realizzano bene.

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