I micro-gesti

Probabilmente, se la gente parlasse con le mani legate, si capirebbe il 10% di quello che si capisce, specie nell’incontro tra linguaggi di base differenti. Sono i micro-gesti che salvano tutto, quelli per cui non hai idea di come si dica “ditale”, o “cosa da mettere sopra l’albero di Natale” (neanche in italiano, a dire il vero), ma alla fine riesci sempre a capire di che si tratta.

Questi sono probabilmente i casi più evidenti, perché in realtà alle volte questi gesti sono davvero microscopici, quasi impercettibili, anche solo un infinitesimale spostamento dello sguardo in direzione di ciò che si vuole intendere.

Aiutano poi molto le parole chiave: “Monsieur … [incomprensibile] … pins” significa sicuramente che vogliono scambiare una spilletta con te. (Abbiamo una collana di spille, e chi vuole può scambiarle con te. I più organizzati hanno una pagina apposita nei loro raccoglitori di spille, solo per gli scambi, e ti fanno scegliere)

Oppure: “Monsieur … [incomprensibile] … vitrine/figurine”, vuole una statuetta nella vetrina, magari indicando con un micro-gesto quale. Poi, essendo una vetrina, puoi prendere tempo perché è chiusa e a quel punto ti devi far indicare qual è, e lì il gesto è spesso palese. Lì si verifica anche un’altra cosa, che è il nome di aiuto, perché a quel punto il guest dice lui il nome del personaggio che vuole, e così lo scopri per la prima volta e quando devi chiamare dietro per prenderlo lo sai.

Per la cronaca: il Grillo parlante si chiama Jiminy Cricket (anche solo Jiminy), Cip e Ciop sono Tic et Tac, Campanellino/Trilly è Clochette, ma si sapeva già. Sui Nani ci stiamo lavorando, ma tanto non li sa nessuno. Una signora mi ha chiesto quanti ne servissero per completare una serie che cammina su un albero: “Ehm… sept!”.

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