Pensieri sparsi su Disneyland Paris

Allora, direi di saltare tutta la parte dei “nonluoghi”, del “mondo finto” (è più vero, il vostro?) e sul mito europeista del culto del passato con conseguente rifiuto pregiudiziale per questo tipo di cose. Informazioni pratiche.

Il lavoro in sé. Mi è sembrata la cosa più simile a come lo organizzerei io, quindi tabelle, orari e turni veri, ma capisco che possa non piacere. In generale poi a una teoria corrisponde anche come debbano essere realizzate le cose nella pratica. Questo è più non-Italia che Disneyland in realtà, non c’è stato per ogni cosa il “vabbeismo storico” dato dai due criteri cardine che animano la nostra società: arroganza e ignoranza (cfr. limiti di velocità e cinture di sicurezza posteriori).

Quando andare. Probabilmente iniziare con un periodo breve è un buon modo per farsi un’idea. Per periodi superiori a un mese può avere senso considerare una sistemazione autonoma, non a Parigi perché è troppo lontano, ma per esempio a Val d’Europe, da dove si arriva al parco in 30 minuti a piedi. Poi si potrà sempre andare a Parigi in giornata. Le residenze offrono comunque una serie di benefit (lavanderia, ping-pong, campo da basket, biblioteca ecc.).

Cosa fare. Difficile da dire, perché tutte le cose possono poi variare molto a seconda dei posti specifici. Di principio, forse le attrazioni rischiano di essere più ripetitive, anche se su tutto c’è molta rotazione su quello che si fa. Certo, sei anche più al centro della scena, fai fisicamente andare avanti la baracca rispetto al resto, che per come la vedo io è tutto contorno. Sulla Tower of Terror di fatto il confine con i personaggi svanisce, ma probabilmente lì ci si arriva un po’ per anzianità.

I negozi sono probabilmente un buon equilibrio, a me è andata bene con uno piuttosto tranquillo, ma magari l’Emporium il 23 dicembre è un’altra cosa. Comunque, se c’è l’organizzazione si regge tutto. Su ristorazione, pulizia e hotel non ho davvero molto idea.

Cose strane. In nessun altro lavoro esci dalla mensa e senti le urla di quelli che stanno “dentro” (forse il dentista), o pranzi accanto a un pirata. Per inciso, anche i pirati devono essere gentili, mentre avrei fatto che in quella zona ti possono trattare male.

Tutta la cosa poi di entrare e uscire dalle porte segrete è notevolissima, molto simbolica e teatrale, o sei dentro o sei fuori. Sei nello show insomma, e il gioco allora diventa quello di partecipare al meccanismo perfetto, fare “percorso netto” una volta che sei di qua. Comunque si può vivere anche in maniera più sfumata.

Altre cose simpatiche che succedono. Quando abbiamo fatto Cinémagique con l’Amica appassionata di parchi, non è partito il filmato e ci hanno fatto uscire dal teatro. Il finto spettatore (non è un mistero: il 50% degli spettacoli nei parchi ha un finto spettatore, l’altro 50% prende qualcuno a caso dal pubblico) uscendo ha allargato le braccia facendo per un attimo finta di protestare.

Per gli appassionati di parchi. Abbonatevi se non lo siete già, compratevi un biglietto, fate qualcosa, ma non pensate che lavorare lì sia un modo per entrare gratis. Lo è, ma tempo che ti cambi magari il tempo per poter stare al parco è una volta un’ora, una volta due, una volta niente. Insomma, poca roba. C’è il giorno libero, ma anche l’orda delle feste. Poi quando è tutto finito voi non avrete titolo a entrare.

Cose organizzative notevoli. La cosa di Halloween l’hanno fatta veramente come mi aveva detto quel tale. Chiuso il parco, si poteva restare solo con il braccialetto. Canali in cui si passava in entrata solo con il braccialetto, controlli sulle attrazioni, negozi chiusi per un po’ per facilitare la cosa. Poi credo anche uno “sweep” finale per gli ultimi confinati in Main Street. Su quelle dimensioni sembrava una cosa impensabile, e invece ce l’hanno fatta. C’è anche da dire che la gente, sapendo di non poter stare, molto banalmente usciva spontaneamente. Se si è organizzati si può fare tutto, e questa mi sembra l’unica vera “magia”, se proprio si deve usare quella parola.

Si diventa persone migliori? Sì, ma attenzione allo shock da ritorno in Italia, analogo a quello da ritorno da viaggio in Norvegia. Specie se l’impatto – solo minimamente attenuato da un giorno di intervallo a Parigi – avviene alla Stazione Centrale di Milano. La reazione può anche essere opposta e diventare insofferenti per qualsiasi cosa.

I bambini impazziscono? No, per loro non cambia niente, non c’è lo stacco dalla “realtà” e quello è semplicemente già il loro mondo. Per gli adulti può essere un’esperienza interessante. Mi chiedo: in che mondo viviamo se abbiamo bisogno dei parchi di divertimento.

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