Istanbul

DSCN6050Probabilmente è stato uno dei miei pochi viaggi in un posto come l’Italia, violando una non meglio precisata teoria per cui la vacanza, in quanto tale, deve essere fatta in posti più belli di dove stai.

Lì sembra esserci quella stessa logica di sfioramento quando attraversi la strada, che è un po’ la logica di approsimazione di lasciare qualcosa fino al suo punto limite di degrado, purché sia sopra a quella soglia minima che mi permette almeno di farla funzionare. E’ la logica di aprire un negozio ma non curarne l’insegna o gli interni, o appunto, sulla strada, quella di fermarmi fino al punto fisicamente ultimo tra gamba e parafango.

A poco consola il fatto di essere in compagnia, che ci sia una specie di confine invisibile che unisce determinati popoli secondo una linea che approssimativamente segue il confine di alcuni stati. Forse è la costante dei posti in cui alla base di tutto c’è la mancanza di lavoro, e/o uno stato sociale carente, e quindi si sviluppa una specie di concorrenza aggressiva e quasi senza scrupoli.

Rispetto alla Turchia noi probabilmente crediamo di non essere come la Turchia. Se uno è incivile è normale che ne sia inconsapevole, altrimenti – probabilmente – sarebbe civile. Il punto è che in Italia molti credono di essere civili, ma poi non lo sono fino in fondo. Vanno alle manifestazioni, per dire, o in luoghi della cultura come l’Auditorium di Roma, ma parcheggiano il motorino o la macchina sul marciapiede. E questo è abbastanza sconsolante.

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